Notizie e curiosità del territorio

Sissa

Sissa che di famiglia fù Sixia ma tra amici ama chiamarsi “Sìsa” è un grazioso fazzoletto di terra nel bel mezzo della Bassa Parmense.

Piace immaginare che “Sissa abbia in testa il Po, nel cuore la sua terra e nella pancia cappelletti e culatello ” !

 Il Comune di Sissa Trecasali nasce dalla fusione del Comune di Sissa e del Comune di Trecasali avvenuta il 6 ottobre 2013. Abbracciato a Ovest dal Taro e a Nord dal Grande Fiume, il comune copre una superficie di circa 73 km2 , ha una popolazione di circa 8000 abitanti, distribuiti su 14 frazioni più.

Le prime notizie certe dell’insediamento di Sissa risalgono al 945 d.C. (cfr.Storia ) .

L’insediamento urbano principale ricalca ancora oggi l’impostazione del nucleo originario.

Pur se scomparse le mura di cinta, risulta ancora presente il geometrico sistema di edifici intercalato da piccoli borghi tra loro intersecanti.

Tra gli edifici più rappresentativi troviamo la quattrocentesca Roccadi cui rimane ancora ammirabile il torrione svettante sull’attuale edificio settecentesco; la grande piazza (“la Piazzola “), la Chiesa parrocchiale dell’Assunzione di Maria Vergine (di cui alcune parti delle originarie fondamenta risalenti all‘anno Mille debbono aver funto da basamento per i successivi rifacimenti), Villa Marchi vasta corte signorile risalente al secolo XVII e l’Oratorio di San Rocco databile attorno al 1583 d.C..

Fra la Rocca e l’Oratorio di San Rocco domina il centro del paese il vasto Parco delle Rimembranze, vera oasi di verde che ospita sul lato Nord­ Ovest il monumento ai Caduti della prima e seconda guerra mondiale.

Ogni platano del parco fù dedicato alla memoria dei caduti del primo conflitto bellico.

La Montagnola

Al Parco delle Rimembranze si affianca una singolare e caratteristica presenza: la “Montagnola”, un rilievo di circa 15 metri di altezza e 25 di diametro alla base, ricoperta da una folta alberatura secolare.

All’interno della Montagnola esiste un’ampia cavità risalente al secolo scorso che fu originariamente adibita a ghiacciaia e che è ora oggetto di restauro.

La leggenda vuole che, tra questa cavità e segreti sotterranei della prospiciente Rocca, parta il cunicolo che, attraversando le campagne di Sott’argine, collega il maniero con la Corte Simonetta di Torricella.

Il Parco della Montagnola funge oggi da vero centro ricreativo-culturale . Durante i fine settimana, in una lunga maratona da Maggio a Settembre, si alternano avvenimenti culturali, folcloristici e gastronomici (v. il calendario delle manifestazioni). Tali iniziative, curate dalle numerose realtà di volontariato locali, incontrano largo consenso e partecipazione di pubblico.

 

GRAMIGNAZZO

Gramignazzo è situato nella campagna a ridosso dei fiumi Taro e Po. 

Alla confluenza dei due fiumi si può assistere ad un suggestivo spettacolo della natura quando le acque tardando a mischiarsi producono una curiosa lotta cromatica come se il Grande Fiume volesse dettare le proprie regole  prima di accogliere le acque dell’affluente.

A Gramignazzo esiste l’unica via di collegamento fra il territorio di Sissa e quello della vicina Roccabianca. Fino agli anni Trenta i collegamenti fra le due sponde erano assicurati da servizi di traghettamento a fune situati principalmente in località Borgonovo. Nel 1936, con l’inaugurazione del ponte di Gramignazzo, migliorarono notevolmente  le relazioni fra i due vicini territori che per dirla con le parole di Giovannino Guareschi distavano tra loro “a un tiro di schioppo”. Il lungo isolamento però è ancor oggi evidente nella sostanziale diversità dei dialetti parlati sulle due opposte rive del Taro.

Il ponte a tre campate, sormontate da altrettante arcate, durante l’ultimo conflitto bellico, prese il nome di “Ponte del Diavolo” per la sua resistenza ai ripetuti bombardamenti.

Fino a un decennio fa, in prossimità del ponte, il fiume Taro era centro di grande aggregazione popolare. Le caratteristiche “baracche” a ridosso della riva, con i relativi “Balansòn” (grandi reti da pesca  sospese  sul fiume e manovrate con argani) permettevano spensierate  giornate  di riposo a base di chiacchiere, pesce fritto,  qualche  fetta  di “gentile”  (il tipico salame insaccato in spessi budelli) e buon lambrusco o malvasia locale.

A Gramignazzo è possibile visitare l’antica “Fornace”, una fabbrica  di laterizi risalente al 1882 la cui ciminiera svetta sull’orizzonte del paese. Nell’antichità, l’abbondanza di argilla e la facilità di collegamento,  soprattutto  fluviale, diedero un forte impulso alla locale fabbricazione di laterizi. Dai forni di Gramignazzo uscirono i mattoni usati per la costruzione del campanile di San Marco a Venezia.

L’edificio, ora gestito da un gruppo di “gramignazzesi”, sta lentamente tornando all’antico splendore e ospita attività ricreative e culturali.

A Gramignazzo è inoltre possibile visitare la Chiesa di Sant’Antonio Abate. In onore del patrono, per diversi anni presso il vicino Santuario di Madonna delle Spine, si è tenuta la  funzione della benedizione degli animali).

Tra le tradizioni culinarie del territorio gramignazzese citiamo lo stracotto di asinina piatto gustoso ed irrinunciabile della locale sagra invernale.

La terra di Gramignazzo ha dato i natali, tra gli altri, allo scrittore Giuseppe Tonnaalla cui memoria è dedicata la Biblioteca di Sissa.

TORRICELLA

Torricella è la frazione più a nord del territorio comunale e si sviluppa longitudinalmente lungo il corso del fiume Po.

A Torricella furono ritrovate tracce di insediamenti umani risalenti al  secolo  XIII a.C.  Si  tratta  delle “Terramare”, insediamenti abitativi caratterizzati da palafitte costruite su aree paludose, i cui reperti sono attualmente custoditi presso il Museo Archeologico del Complesso Museale della Pilotta a Parma.

 Notizie più recenti si ritrovano invece attorno al 1427, quando il feudo era già governato dalla famiglia Terzi .

Nel XVII secolo, Torricella assume una notevole importanza commerciale. La vicinanza al fiume Po e i frequenti scambi con Venezia permisero al porto di Torricella di avviare un rapido sviluppo che tuttavia non fu duraturo; il tempo  infatti ne affievolì  inesorabilmente i fasti fino all’ epoca moderna quando il porto di Torricella tornò a ricoprire un ruolo primario quale realtà turistica a livello regionale.

A Torricella è possibile ammirare la Chiesa di San Donnino Martire e Villa Simonetta.

PALASONE

Risalgono all’anno 894 d.C. le prime testimonianze sulla “Cortem de Palacioni”.

 L’antica corte ebbe per alcuni secoli una notevole importanza sia in campo economico che politico.

La Villa era costituita  dalla corte e da un castello con mura  e merlature.  Il territorio, decisamente più vasto dell’attuale, si  spingeva  fino all’abitato di Fontanelle, oltre  il fiume Taro.

Palasone fu nel tempo oggetto di ripetuti scambi fra i governanti che di volta in volta dominarono queste terre. Durante il secolo XV ripetuti attacchi dei Rossi (Signori di San Secondo) piegarono la corte distruggendone il castello, del quale non rimane ora alcuna traccia.

Ultimi signori di Palasone, prima dell’abolizione dei feudi a opera di Napoleone, furono i Simonetta, già signori di Torricella e Trecasali.

L’economia risulta prevalentemente basata sull’agricoltura e l’allevamento (a Palasone troviamo una delle latterie cooperative più antiche della provincia, risalente al 1903.

Collocata nel cuore della Bassa, Palasone non può certo esimersi dai gustosi obblighi della tradizione culinaria dove  “i sapori del maiale”  la fanno da padrone. Proprio qui troviamo una ghiotta tipicità: la Spalla Cruda di Palasone-Sissa”.

 Al centro del paese è possibile ammirare la Chiesa di San Lorenzo della cui prima costruzione si ha traccia fin dall’anno 999.

Nelle campagne a ridosso dell’argine del Taro, quasi sperduta,  in una pace irreale, troviamo anche la Maestà di Santa Maria Bianca protettrice dalle alluvioni del vicino fiume.

BORGONOVO

Non possiamo parlare di Borgonovo, senza parlare anche del  fiume Taro. Il Taro, infatti, ha rappresentato nei secoli il riferimento sociale ed economico di questa frazione e della sua gente: si pensi ad esempio al “mulino”, di cui si hanno tracce già nel Seicento che sfruttando la forza cinetica esercitata dalle acque del fiume, serviva le colture cerealicole del circondario; o all’escavazione e al commercio della sabbia, che il Taro pazientemente lavora e trasporta durante il suo tortuoso tragitto dall’Appennino alla Bassa.

Fino agli anni trenta, a Borgonovo esisteva un servizio  di traghettamento a fune che permetteva il collegamento fra le  due sponde del Taro (solo nel 1936 venne costruito l’attuale ponte di Gramignazzo).

In bicicletta (l’ideale mezzo di  trasporto  per “assaporare ”  la Bassa) bastano pochi minuti che dal centro di Sissa si raggiunge Borgonovo e da qui, dopo alcune decise pedalate per superare la  ” fuga”,  ci  si  può ritrovare  in un mondo  quasi  irreale,  fatto  di cinguettii  e tranquilli  sentieri in mezzo alla vegetazione e in riva al fiume.

Poco discosto dall’argine del Taro, troviamo l’Oratorio dell’Immacolata, databile intorno al Seicento e caratterizzato da pregevoli arredi, quali la splendida ancona lignea  dell’abside  con al centro un affresco  raffigurante la Madonna con il Bambino, contornati da putti, nonché  l’altare settecentesco e il coro.

Poco distante da Borgonovo troviamo il Santuario della Madonna delle Spine protettrice di tutti i donatori di sangue della provincia di Parma, meta ogni anno di numerosi pellegrinaggi.

SALA

La piccola frazione di Sala, ormai collegata all’abitato si Sissa è ora sede di un vasto insediamento artigianale in crescente sviluppo e nei cui pressi è possibile notare l’imponente Villa Corte Sala databile intorno al ‘600

Da Sala parte anche un incantevole e rilassante percorso di strade bianche che si sviluppano sugli argini dei fiumi Taro e Po e segnano i confini ovest e nord del territorio comunale. Lungo questi percorsi è possibile immergersi nell’incanto della natura lontano da traffico e stress.

SOTT’ARGINE

Sulla strada che da Sissa conduce a Torricella incontriamo Sottargine.

Come accade per l’abitato di Sala e Casalfoschino, il gruppo di case di Sottargine è ormai divenuto una continuazione dell’abitato di Sissa .

La leggenda narra che sotto i campi di questo paesino corra un cunicolo segreto che in passato funse da collegamento e via di  fuga  fra  la Rocca dei Terzi di Sissa e Villa Simonetta a Torricella.

Impossibile ormai verificare questi  racconti poiché durante l’ultimo secolo  la zona è stata interessata  da un’importante sviluppo agricolo e la presenza di eventuali cunicoli a profondità non elevate non possono certamente aver retto alle profonde arature ed al ripetuto passaggio di pesanti mezzi agricoli.

CASAL FOSCHINO

Le prime testimonianze sull’esistenza di Casalfoschino risalgono al XI sec..

Piccolo centro situato sulla strada che da Sissa conduce a San Nazzaro, Casalfoschino grazie a un notevole sviluppo edilizio si sta lentamente unendo a Sissa. Infatti gli estesi appezzamenti agricoli che ne hanno caratterizzato in passato l’economia, durante l’ultimo decennio hanno lasciato il posto alle nuove aree residenziali del capoluogo.

Degno di nota è l’Oratorio di San Paolino, databile verso la prima metà del Seicento. Al suo interno troviamo una cappella dedicata al Rosario ed un pregevole fondale ligneo d’altare, al cui centro  è situata  una  statua della Madonna con il Bambino. Completano l’arredamento del piccolo Oratorio alcuni dipinti del tardo Cinquecento.

Purtroppo a seguito degli eventi sismici che hanno interessato l’Emilia nel 2012, l’Oratorio non risulta ora agibile e pertanto ne sono sospese le visite.

COLTARO

Le prime notizie di questo insediamento si datano intorno all’anno Mille.

Il nome Coltaro (Collo di Taro) è senz’altro riconducibile alle modifiche che nel corso dei secoli hanno caratterizzato il corso del fiume Taro.

Attorno al secolo XI, infatti, qui sfociava l’affluente di destra del Po, dopo un percorso di alcuni chilometri parallelo al Grande Fiume.

Coltaro è la frazione più popolosa del territorio comunale. Questa situazione è sicuramente riconducibile all’operato della Duchessa Maria Luigia d’Austria (alla cui memoria è dedicato il Parco turistico sulle rive del Po, fra Coltaro e Torricella) che, agli albori del 1800, sancì che le terre di origine alluvionale create dal Po nel territorio di Coltaro fossero equamente suddivise fra la popolazione  (allora pressoché priva  di attività e fissa dimora).

Tali attribuzioni, dette “Comunaglie”, permisero ai coltaresi di avviare vari tipi di colture quali mais, frumento e pioppi e, pur con l’insidia del vicino fiume, diedero origine a una comunità fortemente radicata e prosperosa.

Ancora oggi è possibile notare fra gli abitanti di Coltaro un grande attaccamento al territorio e una forte coesione.

Fra i figli illustri di Coltaro possiamo citare i pittori Primo Moschini detto il Piccio Bruno Zoni.

 A Coltaro è possibile visitare la Chiesa di San Giovanni Evangelista di cui si ha notizia fin dal 1300 e all’interno della quale sono visibili alcune opere artistiche settecentesche.

La prima settimana di settembre Coltaro è in festa per l’annuale sagra. Durante la fiera è possibile assistere  al folkloristico  “Asinorum  Palium”, alla corsa ciclistica, a spettacoli teatrali e mostre d’arte oltre alle immancabili serate gastronomiche, tutto gestito  dalle  locali  associazioni  di volontariato.

Da non dimenticare, per gli amanti della cucina a base di pesce, la tradizionale festa del Pesce Gatto che a giugno raduna a Coltaro migliaia di “estimatori” del rustico pesce locale.

SAN NAZZARO

San Nazzaro è una piccola frazione di cui si ha traccia già in una pergamena del 1045 che narra della donazione da parte del vescovo di Parma al Monastero di San Paolo di aree poste “in villa Sancti Nazarii” .

Tali aree suddivise in sette “possessioni” erano denominate “Corte Fanfani”, “La Casazza” o “Podere Ferrari”, “podere di Fiesso o “dei Mazzoli”, “Casa di Mezzo”, “Podere la Maestà”, “Podere di Villa” o “di Mosca” e “Podere Bonardo”. In tale dettaglio possiamo scorgere cognomi ancor oggi largamente diffusi fra gli abitanti della frazione .

Sviluppata sulla strada provinciale che da Sissa conduce a Colorno, San Nazzaro si caratterizza per la Chiesa dei  Santi Nazzaro  e Celso,  posta nel centro del paese. La Chiesa edificata ad unica navata con abside e cappelle laterali dotate di altari, risulta arricchita da  interessanti  opere d’arte: l’ancona settecentesca in legno  d’arato  e il pregevole  organo  in stile barocco che sovrasta l’ingresso principale, sormontato da  un  ovale anch’esso settecentesco, raffigurante la Vergine con il Bambino, probabile esecuzione del pittore Pietro Melchiorre Ferrari (1735 – 1787)  ed  ai lati due putti sorretti da Cariatidi. Le canne dell’organo sono in lega speciale d’argento.

Nel territorio di San Nazzaro incontriamo inoltre l’Oratorio di San Rocco e due tipiche maestà.

Il PO (il Grande Fiume)                                                                                          

Il Po ha da sempre rappresentato una fonte economica importante se non addirittura la principale delle popolazioni rivierasche.

L’attività estrattiva di sabbia e ghiaia ha da sempre caratterizzato questi territori. Agli inizi del secolo scorso questa attività veniva eseguita a mano, con l’ausilio di barconi trainati da riva, da instancabili cavalli e completavano l’opera badili e carrette!

L’attività estrattiva risultava fondamentale  anche  per  la  fornitura  della materia prima necessaria alla costruzione degli argini di contenimento del fiume, realizzati da centinaia di “scariolanti” (ispiratori di un famoso canto popolare).

Un’attività ormai quasi scomparsa ma molto diffusa nel passato era la lavorazione del salice e del vimini; con l’intreccio dei rami  inumiditi venivano create: nasse per la pesca,  sedie  e i diffusissimi  “cavagnén” (cestini) utili, fra le altre cose, per la conservazione delle uova. Oggi solo in alcune rare botteghe artigianali è possibile trovare tali manufatti autentici.

Un’attività diffusa ancor oggi risulta invece la pesca,  soprattutto  sportiva. Le numerose e tranquille insenature, la facilità di accesso  al fiume e lo splendido insediamento del porto turistico “Boschi Maria Luigia” tra Coltaro e Torricella di Sissa hanno permesso alle numerose associazioni amatoriali locali di mantenerne ben viva la pratica, nel più ampio rispetto della natura.

Notevole importanza, sta assumendo negli ultimi tempi la navigazione del fiume, sia per scopi commerciali che turistici.

Al porto di Torricella stazionano per vari mesi all’anno numerose imbarcazioni da diporto mentre dall’attracco del Parco Maria Luigia partono traghetti per escursioni sul Grande Fiume.

In campo agricolo, negli ultimi anni, stiamo assistendo a sperimentazioni di colture di riso; questa attività, già praticata nel passato, potrebbe rappresentare un’alternativa alle colture ormai diffuse di mais, frumento, pomodori, soia, barbabietole e girasoli.

LA FLORA 

Lungo il corso parmense del fiume la vegetazione è caratterizzata da alcune varietà di Salice e dalle vaste colture di Pioppo che hanno parzialmente sopraffatto la spontanea vegetazione rivierasca. Non mancano esempi di Betulla e Ginestra, arbusti tipicamente alpini che la corrente del Po ha senz’altro trasportato fino alla nostra valle.

LA FAUNA

 La fauna ittica è caratterizzata da Carpe, Tinche, Anguille, Orate, Lucci, Barbi, Alborelle, Storioni, Pesci Gatto (al quale  è dedicata un’ampia e gustosa tradizione culinaria) e l’ormai sempre più diffuso Siluro protagonista di leggendari racconti che animano le calde giornate estive in riva al Po.

Purtroppo l’insediamento del Siluro nelle acque del Grande Fiume sta arrecando immensi danni alle popolazioni di ciprinidi (Carpe, Alborelle, Barbi e Tinche).

Tra gli anfibi molto diffusi troviamo : Rospi, Rane verdi e Raganelle il cui canto accompagna, da sempre, le tranquille notti estive della Bassa.

Della famiglia dei rettili possiamo incontrare la Biscia d’acqua e di terra e alcune Vipere, il cui incontro con l’uomo risulta tuttavia raro.

Le colonie di uccelli risultano molto diversificate: Sterne, Germano Reale, Airone, Gallinella d’acqua, Gabbiani, Martin pescatore, Fagiani ed il Cavaliere d’Italia al quale è dedicata la vicina Oasi Lipu di Torrile (Pr).

Negli ultimi anni le campagne e i boschi rivieraschi si stanno popolando di animali di habitat tipicamente collinare: Cinghiali, caprioli e lupi.

APPROFONDIMENTI:

IL SILURO 

Il Siluro (Silurus Glanis) è un grosso pesce originario del fiume Danubio e dell’Europa centrale, dove è considerato una specie rara ed è protetto da una severa legislazione. Nella bassa padana, invece, il Siluro regna sovrano, raggiungendo notevoli dimensioni e mettendo a rischio l’intero ecosistema del Po.

Di aspetto poco avvenente, questo  mastodontico  pesce  ricorda vagamente il pesce gatto, con il quale ha in comune i caratteristici “baffi”. Numerose sono le leggende sulla sua stazza anche se fino a questo momento non è stato possibile stabilire con certezza la misura massima raggiungibile da questa specie. Infatti, se in  altre  zone  sono  stati esaminati esemplari che superano i 300 kg,  in Italia  le catture  maggiori non superano i 100 kg..

Poiché le crescenti temperature delle acque del Po stanno favorendo una rapida e inusuale crescita di questo pesce risulta assai arduo poter definire con certezza le dimensioni raggiungibili da questo autentico predone di  fiume. Si stima  tuttavia  che nei primi dieci anni di vita possa agevolmente  raggiungere  i  30  kg  di peso!

Poiché il metabolismo di questo pesce diminuisce di pari passo con la temperatura, nelle stagioni più fredde il Siluro cresce meno e tende a nascondersi sui fondali più profondi, anche se non è impossibile vederlo e catturarlo prima della primavera.

Il suo notevole appetito, che lo spinge a nutrirsi di enormi quantità di pesci e il fatto che si muove spesso insieme ad altri Siluri sono causa di grandi problemi per i nostri fiumi.

Per pescare il Siluro è necessario munirsi di un’attrezzatura molto robusta e non lasciarsi ingannare dalla facilità con cui il pesce, una volta allamato, segue la lenza verso riva: non appena si accorgerà delle intenzioni del pescatore, combatterà con tutte le forze per tornare verso il centro del fiume, mettendo a dura prova anche l’abilità del pescatore più esperto!

L’unico “nemico” del Siluro è lo Storione, pesce autoctono del Po, molto pregiato per le sue uova e oggi, purtroppo, molto raro.

L’ANGUILLA 

 L’Anguilla (Anguilla anguilla) appartiene alla famiglia degli Anguillidi ed è un animale d’acqua.

Il suo corpo è lungo e rotondo, come quello dei serpenti.

Durante il corso della sua vita cambia colore per ben tre volte: fino ai tre anni è trasparente, poi si pigmenta diventando giallo-verdastro, fino a mutare le piccole squame che ricoprono i suo corpo in un colore scuro sul dorso e argenteo sul ventre.

Il ciclo vitale dell’Anguilla è stato per secoli un mistero che solo anni di attente ricerche ha potuto, in parte, spiegare.

Una volta raggiunta la maturità sessuale, l’Anguilla europea abbandona i fiumi e si dirige verso l’Oceano Atlantico. Raggiunto il Mar dei  Sargassi, in primavera depone e feconda le proprie uova e poi muore.

Non appena nascono, i Leptocefali (piccole larve trasparenti) si dirigono verso oriente.

Le piccole larve impiegano più di tre anni per raggiungere le coste europee, dove si trasformano in piccole Anguille e tentano di risalire le correnti dei fiumi per raggiungere l’interno del continente.

È incredibile ma una parte di questi piccoli pesciolini riesce ad arrivare addirittura in alcuni laghi, intrufolandosi nelle falde sotterranee!!! Durante questo lungo viaggio cambiano colore per la prima volta e aumentano di peso nutrendosi di piccoli animali acquatici.

Esistono due specie di Anguille, quella “a testa appuntita” che si nutre di insetti e larve e quella “a testa larga” che si nutre di pesci.

Raggiunta la maturità sessuale, tra i nove e i dodici anni, cambiano ancora colore, subiscono un aumento degli occhi e cessano di nutrirsi: è arrivato il momento di intraprendere il lungo viaggio verso l’Oceano!

Il TARO 

Sezione in costruzione.

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